Qui l’Italia è amata e fa rima con “fashion”: i brand del “Made in Italy” sono i più richiesti e sono considerati un esempio iconico di classe ed eleganza. E ci sono anche realtà virtuose che fanno della “collaborazione tra mondi” - cioè moda e alta cucina - una strategia vincente per appassionare un pubblico sempre più vasto e dedito all’eccellenza. È il caso di Gucci Osteria, format gourmet che riesce a unire alla perfezione il messaggio lo stile della maison all’arte culinaria dello chef Massimo Bottura.
Il genio creativo emiliano ha capacità camaleontiche che gli permettono di applicarsi con successo a latitudini diverse senza perdere di identità. Lo dimostrano Gucci Osteria da Massimo Bottura a Firenze, stellato MICHELIN che prende l’impronta cosmopolita di Karime Lopez e del marito Takahiko Kondo, Gucci Osteria a Tokyo, un'altra stella MICHELIN conquistata grazie a piatti dal perfetto mix tra Italia e Giappone, come “La Parmigiana che voleva diventare un ramen”, fino al ristorante di Beverly Hills dove brilla la tecnica dello chef Mattia Agazzi.
A Seoul la musica resta armonica, con una combinazione ben equilibrata di italianità e pennellate di territorio locale. Qui Massimo Bottura si affida a Hyungkyu Jun, braccio destro che guida le cucine con precisione e passione. Il menu è stato studiato per comprendere sia alcuni grandi classici della cucina di Bottura - come L’Emilia Burger e i Tortellini con crema di Parmigiano Reggiano - sia piatti capaci di valorizzare ricette e ingredienti sud coreani, anche in chiave di sostenibilità (si evita, così, il trasporto di alimenti per lunghe distanze). Ad esempio, il risotto è interpretato con il famoso Icheon Rice, qualità pregiata della zona di Icheon, dove il terreno è particolarmente ricco di minerali naturali, che rendono il chicco saporito.
L’ambiente è inconfondibile, giocato sui toni del verde - ormai così iconico che viene chiamato “verde Gucci” - intervallato da menu rosa con disegnato un occhio magnetico che invita l’ospite ad aprire il menu per scoprire le meraviglie che contiene. Creatività, eleganza, ispirazione stagionale e anche un pizzico di umorismo sono le parole chiave di questo nuovo modo di affrontare la ristorazione contemporanea, per un pasto rilassato e divertente, ma non per questo meno intrigate e curato.
Il ristorante conta 28 coperti nella sala principale e 36 in terrazza, con una formula che comprende il pranzo, l’aperitivo all’italiana e la cena. Nascosta dietro porte a vetri, una sala da pranzo privata accoglie fino a 8 ospiti. Questo spazio, chiamato Room of Mirrors, è arredato con specchi da parete antichi, boiserie in legno ebanizzato e carta da parati della collezione Gucci Décor.
“C’è un filo invisibile che lega ciascuna delle Gucci Osterie in tutto il mondo: un filo che unisce il cibo italiano e prodotti di altre grandi tradizioni culinarie internazionali - ci racconta lo chef Massimo Bottura -. Per ogni progetto la preparazione si attiva molto tempo prima: portiamo in questi posti di frontiera i nostri ragazzi che iniziano a interagire con la manodopera locale e instaurano rapporti di fiducia con artigiani, allevatori, coltivatori e pescatori. In questo modo, fanno evolvere la nostra cucina italiana in modo nuovo, unico e inaspettato. Ma attenzione: senza mai dimenticare chi sono e da dove vengono. E’ importante sottolineare che, a parte alcuni ingredienti insostituibili, come il Parmigiano Reggiano, gli altri sono locali in modo che la cucina rispecchi il territorio e sia sostenibile. Inoltre, non impongo un menu fisso ma lascio libertà allo chef resident. Non voglio comprimere la creatività personale che è al centro di tutti i nostri progetti. Certo, gli chef si confrontano con me costantemente, ma voglio che vivano di luce propria. Questa è la magia di Gucci Osteria”.
Tra i piatti che non potranno mancare nella vostra degustazione, il Cotechino e Lenticchie, un antipasto goloso ma leggero, da mangiare con il cucchiaio, in cui il gusto del cotechino è condensato in un brodo che insaporisce il chawanmushi, budino cotto a vapore a base di latte e uova. A dare consistenza ad ogni cucchiaiata, piccole lenticchie nere che dimostrano come si possano fare miracoli con ingredienti semplici.
Le esperienze personali sono fonte di ispirazione costante nel menu. Il sentiero del monte Halla, ad esempio, racconta una passeggiata dello chef Hyungkyu Jun sul monte Halla, un vulcano e la cima più elevata della Corea del Sud. Situato al centro dell'isola di Jeju, le sue pendici si riempiono, in primavera, di fiori rosa e fucsia.
“Quando la gente pensa all'isola di Jeju, pensa al monte Halla, al maiale nero di Jeju e ai campi di fiori di colza - spiega lo chef Hyungkyu Jun-. Il piatto è la mia interpretazione di questo luogo magico: lombata di maiale nero autoctono di Jeju grigliata su carbone binchotan e servita con pesto, fiori di canola, semi di aglio e puntarelle. In questo modo manteniamo le sensazioni “di fuoco” collegate al vulcano e i profumi dei fiori”.
Tra i cavalli ci battaglia c’è anche il Black Pearl Garden, con erbe, fiori e caviale locale, e farfalle dorate a base di verdure. La forte impronta vegetale si ritrova anche nel Seoul Garden, elegante interpretazione vegetale con farfalle di patata viola locale, aceto balsamico Villa Manodori (prodotto dallo stesso chef Bottura) e cialde croccanti di Parmigiano Reggiano e l’Hanwoo alla boscaiola, filetto da una razza bovina coreana dalle carni particolarmente saporite e pregiate.
Il momento più bello? Vedere i sud coreani assaggiare i Tortellini di Massimo Bottura. Immergono il cucchiaio nella sontuosa crema di Parmigiano Reggiano, raccolgono un tortellino, lo mettono in bocca e…lì scatta l’effetto wow. Gli occhi si illuminano e capisci, per davvero, che la grande cucina parla una sola lingua, è veritiera e istintiva.
Dall’inizio del pasto fino ai saluti finali non vi mancherà il sorriso del restaurant manager Johan Sung, che saprà guidarvi in questo affascinante viaggio tra Italia e Sud Corea, facendovi sentire “a casa” anche in un Paese così lontano.
In copertina: Gucci Osteria da Massimo Bottura, Seoul
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